31 gennaio 2024
E' stato eseguito il primo impianto di un chip della Neuralink in un essere umano. Lo ha annunciato il fondatore e principale finanziatore dell'azienda, Elon Musk su X.
"Il paziente si sta riprendendo bene - ha spiegato Musk - i risultati iniziali mostrano un promettente rilevamento dei picchi di neuroni. Il primo prodotto di Neuralink si chiama Telepathy, permetterà di controllare il telefono o il computer e attravero di questi, molti altri dispositivi".
L' obiettivo principale degli impianti della Neurolink è quello di rivoluzionare il cervello tramite chip in grado di aiutare chi ha problemi neurologici e lesioni traumatiche leggendo le onde celebrali.
L' azienda aveva già effettuato numerosi studi sugli impianti negli animali. A maggio, la Neurolink aveva annunciato di avere avuto il via libera per eseguire i primi test su esseri umani. A fine 2023, hanno iniziato a reclutare i volontari.
"L' annuncio dell' impianto cerebrale su di un essere umano è interessante, ma l' entusiasmo che ha suscitato è per ora poco motivato - osserva Paolo Maria Rossini, direttore del dipartimento di Neuroscienze e neuroriabilitazione dell' IRCCS San Raffaele di Roma - al momento, sappiamo solo che il paziente si sta riprendendo bene dall' intervento e che i contatti tra microelettrodi e neuroni sono funzionanti. Di conseguenza le prossime giornate e settimane saranno determinanti per comprendere se e quanto questo tipo di approccio potrà dare le risposte paventate. Non è mai facile - continua Rossini - commentare una notizia scientifica che non sia stata pubblicata su una rivista di settore con tutte le informazioni e i dettagli del caso. Numerosi tentativi precedenti sono stati fatti con un approccio simile da un punto di vista teorico".
"Nell' esperimento della Neuralink - spiega inoltre Rossini - si dovrà verificare quante volte il comando inviato dal paziente viene interpretato in modo corretto dall' apparecchio e viene quindi eseguito con efficacia e quanti errori e di quale portata (anche in termini di rischio) esso compie. Si dovrà verificare la durata della bontà del contatto nel tempo perché attorno alla punta degli elettrodi si crea una reazione fibrosa che ne diminuisce l' efficacia. Si dovrà anche valutare poi il rischio di interferenze con le onde elettromagnetiche emesse da comuni apparecchiature e che riempiono oggi l' ambiente di una casa normale e verificare se la presenza di microelettrodi inseriti in corteccia induca una irritazione dei neuroni penetrati dagli elettrodi con relativo aumento del rischio di epilessia".
"Pensare già oggi - conclude il professor Rossini - di utilizzare questo tipo di approccio in casistiche estese e in patologie di grandi numeri come i pazienti colpiti da stroke, da Parkinson e addirittura da malattie psichiatriche, è non solo molto prematuro, ma fuorviante perché induce speranze del tutto immotivate in malati e famiglie".
G.R.